Schiaffo del presidente americano Donald Trump ai Sioux. L’amministrazione concede il permesso finale necessario per l’oleodotto Dakota, il progetto da 3,8 miliardi di dollari per trasportare petrolio dal Nord Dakota all’Illinois. Un via libera atteso fra le proteste: migliaia di persone in tutti gli Stati Uniti scendono in piazza per dire no all’iniziativa e in difesa dei Sioux. Dopo mesi di proteste, i lavori per la maxi infrastruttura possono così riprendere da subito.
L’ok ad andare avanti è arrivato quando sembrava essersi aperto un spiraglio di trattativa fra i Sioux e l’amministrazione. Dave Archambault II, il presidente della tribù, era in volo per Washington per incontrare l’amministrazione Trump quando è arrivato a sua insaputa il via libera. Immediata la reazione dei Sioux, che hanno cancellato il previsto appuntamento.
Il presidente ha mostrato una «completa mancanza di rispetto per i nativi e per i loro diritti», afferma Archambault in una nota. Non è escluso che i Sioux, con l’appoggio degli ambientalisti, possano presentare appello. Il portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer ha ribadito più volte nel corso delle ultime settimane che il presidente si sarebbe assicurato che il progetto portasse dei benefici a tutte le parti coinvolte, citando le doti da negoziatore di Trump. Ma le trattative, è l’accusa mossa al presidente, non sono mai partite e il progetto è ora stato approvato.
Energy Transfer, la società che si occupa della realizzazione dell’oleodotto, assicura che i lavori inizieranno subito dopo essersi interrotti lo scorso settembre, con l’amministrazione Obama che aveva preso tempo e iniziato a rivedere la decisione precedentemente assunta, fino poi a capovolgerla. Il Dakota Access potrebbe essere in servizio nel secondo trimestre.
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